Una comunicazione virale può essere indotta? Generalmente un video diventa virale nel momento in cui naturalmente ottiene una condivisione molto elevata e inizia a vivere fuori dall’onda della diffusione programmata in maniera massiva: social, scambio di link, meme… Per rispondere alla domanda: sì, è possibile indurre la viralità in un video ed è possibile farlo in vari modi.
Il più immediato è l’investimento economico nella diffusione. Si ottengono così un minimo di visualizzazioni garantite e si spera che il volano instaurato sia sufficiente come spinta per una diffusione che vada oltre l’investimento iniziale. Ovviamente non è sempre possibile e non capita così spesso. Vediamo perché.
- Un video virale deve avere delle prerogative atte alla viralizzazione, delle specifiche che si identificano, nel caso la volontà sia di creare appunto un video virale, fin dal momento della creatività e della stesura dello script. Una spinta ironica, un capovolgimento di intenti, un colpo di scena, tutti elementi da considerare come possibili chiavi per riuscire nell’intento della viralizzazione.
- La struttura in sé deve quindi risultare virale, grazie a un’attenta costruzione drammaturgica. Solo l’analisi di quanto nel tempo si è dimostrato virale (e perché) può diventare uno strumento indispensabile per creare un prodotto video con finalità virali.
- La scelta di una corretta narrazione visiva, l’insieme di fotografia e regia, poi, è complementare alla scrittura in modo imprescindibile. Un video naturalmente virale è infatti un video che ha una comunicazione semplice, una regia diretta e asciutta, quando non un solo piano sequenza o un’unica inquadratura frontale. Lavorare in sottrazione in questo caso è un plus che paga assolutamente, perché riporta a una tipologia di linguaggio immediata e di larga fruizione. Tutto questo si può e si deve ricreare.
Il caso del video virale “Resta in fila”
Per lo spot creativo virale “Resta in fila” di Lettera Senza Busta questi erano i paletti e gli obiettivi da raggiungere, ma si doveva andare oltre: capire come un video virale potesse in qualche modo avere anche una diffusione convenzionale in tv. La soluzione è stata creare più versioni del prodotto video che andassero incontro alle esigenze di diffusione, sia social che televisive. Varie “pezzature” di durata e vari formati, per assicurarsi una perfetta aderenza alle necessità di comunicazione e preparare il campo “all’invasione”.
Necessario poi capire cosa potesse accomunare due tipi di pubblico tendenzialmente diversi, quello di internet e quello televisivo: una fotografia luminosa e descrittiva è stata la risposta. E creare un video televisivo che fosse di totale e diretta derivazione del video social, che negli intenti doveva “sfondare” prima della diffusione televisiva, rendendolo riconoscibile a tutti come “lo stesso video” trasportato in tv, è stata una soluzione che ha pagato nell’immediato in termini di riconoscibilità del prodotto: riquadrare il video principale in una cornice con i loghi e i colori del brand è stata la scelta più efficace.
Un’attenta analisi del processo di viralizzazione e la capace costruzione di uno schema produttivo che mimasse, almeno all’inizio, i processi di diffusione di massa, si sono rivelati l’arma vincente per diffondere un messaggio e un brand che altrimenti avrebbero avuto dei tempi di diffusione certamente più lunghi e macchinosi.
Ma perché creare un video pubblicitario virale? Per ottenere risultati concreti! Per vedere gli straordinari risultati dello spot realizzato per Lettera Senza Busta (parliamo di oltre 77.000 visualizzazioni video, +315% di download dell’app e +225% visite al sito web nelle prime tre settimane dopo la pubblicazione!) segui questo link.
Pietro Parolin – Screenplayer & Director
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